DOLCI TRADIZIONALI
LE “CUNNdURE/ Cullure” DI PASQUA
iniziamo con la ricetta
farina,zucchero limone noci,olio vermut
……..ci simo fidati del proprietario
la ricetta è dell’antica forneria i “Peppini”
con la collaborazione dei lavoranti ecco le foto delle cuddure di pasqua
Le tradizioni eno gastronomiche bogobucchesi appartengono a quella definita identità mediterraneo-jonica-silana. Un tempo il piatto caldo principale era la minestra (minestra varbariata o ‘mpastata di verdure e ortaggi vari del luogo). Tra i
piatti tipici ancora oggi i ferriatti e grastatu ( fusilli fatti a mano conditi con ragù di castrato).A carnevale si confezionano i vermiciaddi, vermicelli lunghi e morbi
di con ragù di carne di maiale e finninula ( un particolare insaccato di maiale). Con i tagghjarini (tagliatelle) vengono solennizzate alcune feste religiose, come san Giuseppe (19 marzo): u mitu e San Giseppe : tagliatelle condite con fagioli e ceci precedentemente cotti insieme a dei pezzi di baccalà. Altro piatto tradizionale longobucchese e pitte farcite, fatte quando si lavora il pane casereccio ( con lievito naturale, criscenta) ,carusa, sovente di segala,: jermanu, con l’aggiunta di patate lesse per rendere il prezioso alimento più morbido. La pitta picata, perché lavorata a mano non perfettamente lisce ma appunto
picate, picate, a pitta cu ru maju, con fiori di sambuco, essiccati all’ombra, salati e messi sottolio. I carriciaddi: pasta di pane impastata con olio, spianata e tagliata a strisce. Su ognuna si stende un po’ di sardellina, frittula, o altro. Le strisce si avvolgono a rotolini e si dispongono l’uno vicino all’altro in una teglia. Si lascia lievitare e si inforna. Sono tagliate a fette sottili e lasciate ad asciugare al sole, pomodori,
melanzane, zucche (‘ngidde) ed altro ancora, buoni per sottoaceto e sottolio. I fichi secchi, come le crocette (fichi ripiene di noci ed infornate) sono ancora oggi molto degustate come dolci. I blogobucchesi nei famositerzaluri recipienti di terra cotta salano di tutto, come la famosa sardedda (il caviale dei poveri) salata ed impepata.
Tra i prodotti della carne di maiale allevato in campagna: la frittula (ciccioli) suzu(gelatina), prisuttu (prosciutto), capeccuaddu (capicollo), grassu (strutto), panzetta (pancetta salata), sazizze(salsicce), soppressate (soppressate), finninule (insaccati di rimasugli). Fra i prodotti caseari: caciocavallo silano, formaggio da tavola, ricotte, mozzarelle, butirri e a ‘mpanata: misto di siero di latte e pezzetti di pane duro, tolto il siero si aggiunge ricotta calda, si mescola il tutto pronto per la consumazione. Dolci natalizi: chjnulidde,(curpinedde): uva passa, noci, marmellata, il tutto è racchiuso in una delicata sfoglia confezionata a mezza luna ed infornata. Crustuli, biscotti fritti ricoperti di miele,
giurgiulena torrone di semi di sesamo. Fritti a bantu, impasto di farina, olio, acqua calda e alloro, da lavorare nela stessa pentola, formare tante ciambelline e friggere subito, ottimi caldi e con
lo zucchero. Fritti e pasta fatta, ciambelle di farina e patate. Il vino è la bevanda per eccellenza, prodotto nelle vigne di destro, ortiano e Manco, mentre le “cantine” (osterie) si riforniscono a Cirò. “U spiritu o acqua e macruciulu”, una potente acquavite, distillato della vinaccia di svinatura, a volte aromatizzato con more di gelso.”e cunnure
“I picceddati”
. Fra le più belle tradizioni delle celebrazioni pasquali, la più suggestiva è senz’altro la celebrazione della Cena Domini. Durante la quale viene effettuata la lavanda dei piedi. E’ tradizione a bLogobucco, che gli Apostoli vengano rappresentati nell’antica Chiesa Matrice, da dodici confratelli della Congregazione del Santissimo Sacramento. Ad essi, alla fine del sacro rito, il sacerdote consegni i tradizionali “picceddati”, grandi corone di pane di quasi sei chili preparati a turno dai panifici locali. Il pane benedetto poi viene portato dagli stessi confratelli nelle loro case, le cui famiglie provvedono a distribuire alle abitazioni delle proprie vie e antiche “rughe”. Nessuna famiglia la sera del Giovedì Santo resta senza un pezzo di pane, simbolo di quella Cena in cui il Signore istituì il sacramento dell’Eucarestia per darsi tutto a tutti.. All’alba del venerdì santo, poi, tutti i
confratelli, insieme ai sacerdoti e ai fedeli, svolgono la visita nelle quattro chiede del paese, indossando un camice bianco e portando sul capo una corona di spine, al canto del Miserere.Una tradizione quella de ” u picceddatu” che risale a tanti secoli tramandata dalle donne di bLogobucco che lavoravano nelle vecchie “maille” la pasta che andava poi infornata nei vecchi forni a legna delle nostre campagne, alla nostra attuale comunità.
un pò di narcisismo non guasta del resto chi si fà i self e li pubblica di sicuro pecca un pochino di narcisismo ,è inutile ricordarvi che il testo non è mio tanto chi legge il blog è abituato a leggere testi copiati quà e là, anche io ho problemi a capire quale parte di testo è stato copiato ,oppure scritto da me,sono abituato, prima di scrivere il post ,mi procuro del testo ricercando su google la tematica del post………… dolci e tradizioni dolci pasquali, antiche ricette delle cuddure .
Il titolo di questo post é le corone pasquali invece di collane
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